martedì 20 marzo 2012

Ingiustizie primaverili

Insomma è ufficialmente primavera.

L’ha detto anche Google.

Come se non ce ne fossimo accorti.

Sono già una ventina di giorni che è tutto uno spuntare di gemme, un cinguettare di uccellini, uno sternutire continuo…

Il mio piccolo giardino è nel momento prima dell’esplosione, quando si intravedono i boccioli delle bulbose piantate in autunno, quando sta crescendo l’erbetta nuova, quando alcuni arbusti sembrano ancora morti ma invece guardandoli da vicino hanno minuscole gemme ad ogni nodo.

E’ innegabile che il risveglio della natura porti un senso di ottimismo e di continuità. 
Ci si scopre a fare facili metafore.  Dopo il brutto viene il bello. Quello che era morto ora è vivo. Nel mondo torna il colore.

Ma io non sono una pianta.  Non mi sono potata in autunno. 
Non mi stanno nascendo due svettanti tette nuove. La primavera non mi fa lasciare a terra la pelle vecchia come i serpenti e riemergere con una nuova radiosa livrea. 

Al massimo il primo sole mi fa comparire milioni di lentiggini. 
Lentiggini quando ero giovane, adesso il dermatologo le ha chiamate “lentigo senili” e mi ha consigliato creme con protezione 2000 e costosi trattamenti con il laser fraxel.

E’ irritante questa disparità tra noi e le piante.   
Al parco di Yosemite ho visto sequoie di oltre mille anni. Continuavano imperterrite a fare gemme nuove.   
Ma anche molti fiori e arbusti col tempo migliorano e si rinforzano.

Noi paghiamo il fatto che possiamo muoverci.  

Evidentemente siamo come i fiori recisi, già con la data di scadenza.
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