lunedì 1 ottobre 2012

Primo ottobre



Una volta era il primo giorno di scuola.  

Ricordo che un anno, forse iniziavo la seconda superiore, la mia preoccupazione maggiore era che i miei nuovi pantaloni a zampa di elefante coprissero perfettamente la lunghezza della scarpa.

Vista la dimensione dei miei piedi, si trattava di una bella svasatura…

Dopo tre giorni si faceva già vacanza perché era San Francesco.  

L’Istituto Tecnico Commerciale per Periti Aziendali e Corrispondenti in Lingue Estere (tirare il fiato dopo averlo detto è d’obbligo) aveva sede a poche centinaia di metri da casa mia e si trovava in quella che era stata la Maternità di Verona.

Quindi io studiavo dove ero nata.  

L’aula dattilografia era nella ex Sala Parto e mi immaginavo sempre la scena di mia madre che mi espelle urlando come sottofondo delle lezioni.

Al contrario di mia figlia, che mi dice stare in classe anche durante la ricreazione, io giravo per tutta la scuola. 
Con la mia amica Elena camminavamo sgranocchiando crackers, fermandoci a chiacchierare a destra e sinistra.

C’erano da vedere “i belli” . 
Molto pochi, in verità, vista anche la percentuale numerica degli studenti che doveva essere tipo di 2 maschi per 10 femmine.

La scuola era labirintica. 
Costituita da due o tre vecchi edifici, pieni di corridoi e scalette, cambi di livello e di pavimentazione. 
Si sentiva oscillare il pavimento, probabilmente fatto ancora di travi di legno e dai soffitti spesso cadevano dei calcinacci che facevano vedere il cannicciato sottostante.

C’era un tristo cortile interno dove si radunavano tutti i fumatori e dove io ho resistito strenuamente alle continue offerte di sigarette e di “dai, prova!”.

Non c’era l’aula magna e per le mitiche assemblee studentesche ci si riuniva nel grande atrio e ci si sedeva sulla larga scala curva.  

Ricordo molti discorsi appassionati di studenti in Eskimo, con barbe incolte e maglioni peruviani. Proposte di occupazione e continui volantinaggi.

C’era molta passione e molto impegno politico. Anche troppo in certi casi. 
Non era infrequente assistere a pestaggi tra i “fasci” e i “cinesi”. 

Io mi tenevo in disparte, ma ero comunque additata come fascista, visto che ascoltavo Lucio Battisti, odiavo le Clarks e indossavo le Lacoste.

Il fatto che mi piacessero anche gli Inti Illimani e De Gregori però mi faceva guadagnare qualche punto.

Eravamo molto coinvolti dalla politica, in ogni caso.

Penso che mia figlia ed i suoi compagni non abbiano la minima idea di cosa succede a Roma e nel mondo in generale.

Al massimo si interessano di ecologia e di pacifismo, ma in modo molto teorico. 
Sempre dalle loro camerette, nascosti dietro i loro pc. 

Ma noi che ci scaldavamo tanto, in fondo, cosa abbiamo ottenuto?

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9 commenti:

  1. Che bello spaccato di anni '70 e non posso fare a meno di pensare a quanto sia tutto completamente diverso...

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  2. ho fatto gli ultimi due anni delle superiori lì, esattamente dove li hai fatti tu. mi ricordavo il giardino e le assemblee nell' atrio. "non state tutti sulle scale" ci urlava il preside (montagnani? montagnetti? non mi ricordo) mi ricordo però la betta giarola, la bionda strafiga a cui tutti i maschi (pochi a quei tempi,molti meno che due ogni dieci) facevano il filo, anche se era una sfegatata comunista. ricordo ancora qualche professore, la cena con le compagne a vent' anni dal diploma. non sono stati brutti anni, eravamo giovani e pieni di aspettative. e ci bastava molto poco per credere di essere felici.
    non ho termini di paragone dal "vero" con gli adolescenti di oggi, ma quelli che si vedono in giro non fanno ben sperare. sono spesso arroganti, presuntuosi e un po' menefreghisti. penso che noi credessimo in un mondo migliore. se non lo è forse è anche un po' colpa nostra.
    lamate.
    p.s. io ero una di quelle con l' eskimo. e come dice guccini, io ci giravo già vent' anni fa. e oltre, molto oltre. ho compiuto sessant' anni oggi.

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    1. Intanto: auguri! Ma pensa che bello trovare qualcuno di Via Moschini. Noi dopo il terremoto siamo stati spostati in Borgo Roma. Il preside si chiamava Castagnetti, ma non so se era anche il tuo...) Io ero in F e il professore "mito" era Luciano Giovedì, di italiano.

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  3. I quindici-ventenni di oggi sembrano così apatici, in effetti..... ma credo che ci siano delle meravigliose eccezioni ne ho scoperte alcune recentemente

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  4. Credo di essere solo qualche anno piu' piccola di te, perche' ho lisciato per un pelo le contestazioni degli anni '70, sono arrivata al liceo quando l'ultima classe politicizzata si diplomava e al primo anno di universita' i murales della pantera erano gia' secchi. Il mio compagno ha sei anni piu' di me, e' del '66, e mi racconta spesso delle lotte vere tra rossi e neri che infiammavano Roma, che capisco fino ad un certo punto. Mi ha colpito tanto quella tua ultima domanda. Che idea ti sei fatta?

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    1. p.s. Ho letto il tuo post sulla storia di Battisti pensando che eri stata ispirata dal mio post, e invece il mio e' programmato per domani :DDD abbiamo scritto la stessa cosa!!

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    2. Sei moooolti anni più piccola di me, più di 10 ahimè.
      L'idea che mi sono fatta è che dopo aver tanto fatto i rivoluzionari da studenti, al primo concorso vinto siamo rientrati nei ranghi, ci siamo baciati le manine per aver ottenuto il posto fisso e abbiamo iniziato a badare al nostro orticello limitandoci a protestare nei bar bevendo Campari.

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  5. Abbiamo ottenuto la passione e gli ideali infranti, tanta sensibilità in più e l'amore difficile, quanti ricordi mi hai fatto frullare nella testa adorata amica mia!
    Grazie!
    Bacissimo!

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