martedì 17 marzo 2015

Colleghi 2.0


Sabina è una mia ex collega.
25 anni fa lavoravamo in una multinazionale americana.

Eravamo giovani.
Noi, i nostri colleghi, i nostri capi.

Per dire il mio, che era il super mega capo, aveva solo sette anni più di me.


Ho descritto l’atmosfera di quel periodo in un post molto amaro, dove rimpiangevo quei tempi e quelle persone.

Ci siamo veramente divertiti.
Non eravamo colleghi, eravamo una banda, eravamo complici, confidenti, alcuni erano anche innamorati tra loro…

Non c’era sera o weekend dove qualcuno non organizzasse qualcosa insieme ma la cosa bella era che anche la vita d’ufficio era piacevole.

C’era molto da lavorare, c’erano momenti di grande stress, di mancanza di orari e di tensione ma non mancavano mai le battute, le pause caffè rigeneranti, gli scherzi.

Ecco per esempio, io e l’altra assistente di direzione organizzavamo scherzi tremendi.
Cose pianificate con cura, finti viaggi all’estero, finte comunicazioni ufficiali.
I neo assunti arrivavano sudati chiedendo del Direttore Generale che voleva vederli urgentemente o ci portavano i documenti perché pensavano di doversi trasferire all’estero nel giro di pochi giorni…

Quelli che lavoravano in trasferta spesso tornando in ufficio il venerdì sera portavano dolci tipici di quella zona: ricordo favolose cassate siciliane o pastiere napoletane freschissime. E cioccolata dal Belgio e i gadget dalla sede di Chicago, orologi, felpe e magliette.

Stamattina Sabina, che nel frattempo ha cambiato multinazionale, scriveva su Facebook che in ufficio da lei nessuno si è accorto un mese fa che si era tagliata i capelli e nessuno si è accorto oggi che si è fatta bionda.

Diceva che sono delle mummie, che l’atmosfera è pesantissima.

E mi ha tirata in ballo con i suoi rimpianti per il nostro vecchio ambiente di lavoro e i nostri vecchi colleghi, chiedendomi cosa ne pensavo.

Banalmente: eravamo giovani, come ho detto.

Non avevamo quasi vite proprie. Sicuramente nessuno aveva una famiglia da mantenere, mutui da pagare, figli che danno preoccupazioni.

Il problema più grande era decidere dove andare in ferie o che automobile scegliere.

Fermarsi a fare straordinari in fondo non dava fastidio più di tanto.
A casa non ci aspettava nessuno, anzi quella poteva essere la scusa per continuare la serata fuori a cena e magari al cinema.

C’era una grande leggerezza.

Quella che ti permette di accorgerti di un nuovo taglio di capelli o di un vestito particolare.

La leggerezza che rende facile essere gentili e spiritosi.

E poi non c’era Internet e soprattutto gli smartphone.

Non vivevamo ognuno dentro il nostro mondo, con gli occhi fissi sui nostri profili e sulle nostre notifiche.

Erano i tempi in cui ci si guardava in faccia, ci si muoveva di persona per parlarsi, si camminava da un ufficio all’altro per portare qualche carta e a volte la carta era proprio una scusa per farsi un giro e scambiare due parole.

Io ho smesso di lavorare allora, ma immagino che il lavoro in ufficio adesso sia veramente cambiato con l’avvento della rete e dei cellulari.

Sabina: devi rassegnarti. Quel tempo è finito.

E comunque i tuoi colleghi sono proprio degli squallidoni perché bionda stai benissimo!

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1 commento:

  1. Purtroppo (o per fortuna) io in ufficio sono da sola ma si, penso proprio che la tua analisi sia giusta. Mette comunque molta tristezza... quindi alla fine mi dico "per fortuna che in ufficio sono da sola".

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